Il significato primordiale e profondo del Tamarindo

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C’è un vecchio detto orientale che dice così:

“Chi pianta tamarindi, non raccoglie tamarindi”

Questo perchè il Tamarindo impiega almeno 90 anni per dare i suoi primi frutti.

Una volta un giovane ragazzo incontrò un vecchio e saggio coltivatore di tamarindi e gli chiese “Nonno, perchè pianti i tamarindi se sei già che non potrai raccoglierli mai?”

E allora il vecchio e saggio nonno posò gli attrezzi, chiese al ragazzo di sedersi vicino a lui, si accese una pipa e dopo tre lunghe boccate pronunciò queste parole:

“Perchè il terreno è mio e ci faccio il cazzo che mi pare!”

E da allora il giovane capì il grande insegnamento e cominciò a farsi una vagonata di cazzi suoi nella vita.

Non è successo niente!

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Ma sì, ma sì, è tutto finito.

Andate pure in giro senza nessuna mascherina, possibilmente in gruppi numerosi, non rispettate le distanze di sicurezza, tossite, starnutitevi addosso, andate al bar a fare comunella, a imbriacarvi di birra ed aperitivi, a sorridere, a farvi i selfie del cavolo, sempre con i vostri sandalyni e le vostre ciabattyne inphradito a mostrare i vostri piedacci sudici pieni di sabbia di mare. E a proposito di mare, mi raccomando ancora, andate a giocare a racchettoni come tanti imbecilli, a dar noja ai vicini che si fanno una scarosanta padellata di affari loro (magari sono intenti in attività assolutamente inutili come leggere un libro), tanto, come diceva una signora in tabaccheria ieri “siamo vicini all’immunità di gregge”, come se fossimo delle pecore al pascolo, e “il vaccino sarà completamente inutile perché saremo tutti immunizzati”. Un signore svizzero, mentre passeggiavo per strada, ha buttato una cicca per terra, si è tolto la mascherina (perché “qui fa troppo caldo per tenerla!”) ed è rientrato in macchina bestemmiando Cristo e i santi. Se io facessi la stessa cosa nel suo paese probabilmente mi metterebbero in galera (i soliti italiani, sempre “chitarra-mandolino”).

E allora andate avanti così, chè tanto “è estate e il virus si affievolisce col caldo”. Anch’io mi affievolisco col caldo, maledetto il clero, ma non vado in giro a raccontare e fare cazzate.

Non è successo niente, non sta succedendo niente. Tutti in vacanza. Tutti a dimenticare. Anche il fatto che il virus è molto, ma molto più furbo di noi.

NON mandate le PEC (ché se no pigliate la scossa!!)

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– Pronto, servizio clienti della Società Schizofonica Italiana, sono Luana la bebysitter in che cosa posso esserle utile?

– Buongiorno Luana, sono un vostro disaffezionato cliente. Non sono soddisfatto del vostro servizio e ho deciso di disdire la fornitura in atto entro il 14° giorno come previsto dalla legge, vi ho mandato tutta la documentazione ma non ho ricevuto nessuna risposta da parte vostra.

– Benissimo, signor disaffezionato e stramaledettissimo cliente che se ne vuole andare, posso sapere perché è sì insoddisfatto de’ nostri servigii?

– No, non lo può sapere, comunque se proprio glielo devo dire la connessione FTP fa schifo.

– Ohimé, bene… vediamo un po’… ma, che vedo? La Sua documentazione non ci è ancora giunta. Com’è possibile tutto ciò? Come ce l’ha trasmessa??

– Via PEC. Posta Elettronica Certificata. Conosce? Ha lo stesso valore legale di una raccomandata con ricevuta di ritorno. Però non mi avete degnato di una risposta. Volevo solo sapere a che punto è la mia pratica, ecco.

– Cos’ha fatto Lei?? Ha inviato una PEC??? Ma non lo sa che questo è proibitissimo e che noi accettiamo soltanto mail tradizionali, fax, e raccomandate A/R?

– Ecco, è proprio questo quello che le dicevo. Una PEC è come una raccomandata. Il vostro indirizzo è paraponzoli@peclegalissima.it?

– Esatto, ma noi non prendiamo in considerazione questo tipo di comunicazioni.

– Ah, non prendete in considerazione le raccomandate?

– No!

– Questo mi risulta piuttosto strano.

– Ci mandi una mail tradizionale e vedrà che andrà tutto bene.

– Ma potrebbe perdersi, non arrivarvi, andare a finire nella cartella dello spamming, messa in quarantena dall’antivirus per una minaccia che non esiste…

– Basta così, o fa quello che diciamo noi o col cavolo che le concediamo il diritto di recesso.

– Ma è previsto per legge! C’è scritto sul vostro modulo.

– Il modulo è un pro-forma.

– Pro-forma una sega, io l’ho riempito, firmato e sottoscritto. Comunque mi dica lei cosa devo fare e lo farò.

– Deve seguire alla lettera le informazioni che sono riportate in calce alla modulistica come da contratto sottoscritto, o non si ricorda, gagarone che non è altro, di aver firmato un contratto?

– Me lo ricordo benissimo, è per questo che recedo.

– Lei ha voglia di fare lo spiriritoso, sa, ma qui siamo per laurà’, mica per grattarci i ball a ogni pie’ sospinto. Faccia come dico io, e vedrà che andrà tutto bene. Alla fine della chiamata sarà invitato a dare una valutazione sul servizio ricevuto, veda di essere gentile. La saluto che devo andare a buddismo.

– ………………..

E’ morto John Renbourn

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renbourn

John Renbourn è stato uno dei componenti (assieme a Bert Jansch, Terry Cox, Jacqui McShee e Danny Thompson del gruppo inglese dei Pentangle, tra i più innovativi e completi della storia della musica.

Dopo la morte di Bert, che aveva spezzato il Pentacolo, se n’è andato anche John, mio modello e maestro.

Mi è impossibile riassumere la sua carriera chitarristica, John Renbourn ha rielaborato tutto, dalla musica medievale a quella tradizionale, dal jazz al blues, sia come solista che come fondatore di gruppi collegati al suo nome. Vi posso fare i titoli di quattro dischi, giusto per darvi solo una idea del suo genio e della sua abilità chitarristica: “Faro Annie”, “The Black Balloon”, “A maid in Bedlam” e “The enchanted garden” (gli ultimi due sotto il nome di “John Renbourn Group”).

Che fosse accompagnato da musicisti e cantanti di indubbio valore (Jacqui McShee fra tutte, voce inglese per eccellenza) o che suonasse da solo Renbourn ha sempre dimostrato una incredibile versatilità con lo strumento, e ora che se n’è andato, questa giornata grigia di fancazzismo è, se possibile, ancora più acida da digerire. E non vi dico altro.

Ma la depressione non uccide 150 persone!

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germanwings

Se non avessi certezza della fondamentale cretineria e della sempiterna stupidità del genere umano, potrei dire anch’io, assieme a un coro quasi unanime di persone, che 150 persone sono schiantate contro una montagna della Provenza perché il copilota dell’aereo su cui viaggiavano, guarda caso, era depresso.

Mi sembra di sentirla tanta gente: “O allora? Del resto l’ha lasciato la fidanzata, sei anni fa aveva avuto un episodio patologico analogo, ma sarà un po’ padrone d’andarsi a stracatafottere la vita come gli pare?”

Già, o com’è che ora son d’improvviso diventati tutti esperti di depressione e fino all’altroieri non ci capiva un cazzo di nulla nessuno?

Ma, soprattutto, com’è che il suddetto copilota è diventato per tutti semplicemente un depresso e non è diventato, più appropriatamente, un assassino, un uomo privo di scrupoli, una persona spregevole e votata alla commissione di un crimine atroce e aberrante, che non troverebbe giustificazione nemmeno se avesse sofferto di un tumore allo stadio terminale?

La depressione è una cosa seria ma non uccide e, soprattutto, non fa uccidere, diventa una minestrina riscaldata davanti a personalità evidentemente disturbate e deviate a livello psichico, che tutto quello che possono pilotare è una bella camicia di forza in un reparto ospedaliero.