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Nella campagna pubblicitaria per i pannelli fotovoltaici “Helios” (http://www.heliosimpianti.it) appaiono immagini di sacerdoti e suore cattoliche, donne e uomini musulmani e non so cos’altro (nel senso che i messaggi pubblicitari che ho visto rappresentavano queste persone, me ne è stato segnalato un altro che raffigura un monaco buddhista).
Tutte persone che stanno pregando.
Lo slogan? “Io credo nel fotovoltaico”.
Ho sempre pensato che l’atto religioso, o il semplice credere (così come il non credere) siano espressioni estremamente personati ed afferenti alla sfera più intima dell’individuo.
In breve, credere o non credere, aderire a una religione piuttosto che a un’altra è un aspetto che afferisce al campo semantico intoccabile degli affari nostri.
Trovo che l’uso di una dimensione così privata per vendere un prodotto sia di dubbio gusto e irriguardoso verso chi crede. Fermo restando che anche un ateo può “credere” nel fotovoltaico. Nel senso che può pensare alla bontà della soluzione di produzione di energia da fonti rinnovabili.
Per questo aderisco volentieri all’invito di denuncia di questo deplorevole modo di fare propaganda che mi è stato rivolto dall’amico avvocato Luca Bauccio, incaricato “dall’associazione Media&Diritto di presentare un esposto per l’eliminazione della pubblicità della marca di pannelli fotovoltaici Helios, per violazione degli articoli 1 e 10 del Codice di autodisciplina della pubblicità.”
Nel frattempo, chi lo condivide, può mandare ai seguenti riferimenti, questo testo:
Non è importante se io creda e in cosa io creda.
E’ importante il rispetto verso chi crede, i suoi simboli e la sua fede.
I credenti in Dio non possono essere strumentalizzati per la vendita dei prodotti Helios.
Aderisco alla campagna per l’eliminazione della pubblicità dei pannelli fotovoltaici Helios.
MAIL E FAX A CUI INVIARE IL TESTO :
Fax +39 02 58303717
e-mail: iap@iap.it
(per la cronaca, nel mio fax ho cambiato la frase “i credenti in Dio” in “i credenti”).
Insomma, vi aspetto.
AMD ha presentato il nuovo processore, chiamato “Trinity”.
Sarà venduto anche in Italia.
Sarà male pubblicizzarlo con tal nome? Sì, no? E se no, solo perché Trinity è una parola inglese? Qualcosa cambierebbe se si chiamasse “Trinità”?
Di Stefano, Lei si “crede” sollevato dal fatto di “credere” di essere un “credente” ?
Non ci “credo”.
Si figuri, caro Liberto, non ho mai “creduto”, non comincerò certo ora.