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Alessandro Baricco è uno scrittore da annoverarsi nella categoria che mia moglie definisce degli "ingiustamente sopravvalutati".
Dotato di scarse capacità inventive e narrative, scrve romanzi intorno al niente e, proprio per questo, il pubblico lo osanna, quando non si autoosanna da solo.
Logica vuole che uno come lui faccia assurgere la sua figura a quella di "vate", che profetizza ora su questo, ora su quest’altro argomento, con la solita mancanza di argomenti, ma per il puro gusto (incomprensibile alle persone di buon senso) di esserci.
Ultima in ordine di tempo la sua sparata per cui non si può pensare che la cultura sia finanziata interamente con i fondi statali (ma Baricco non ha ancora capito che se la cultura non appartiene allo stato, inteso in senso di collettività, non può appartenere a nessuno, perché Internet stessa ci insegna che là dove ci si illude di concentrare la cultura sotto un’unica denominazione, si ha il controllo totale delle informazioni), per cui, la soluzione di Baricco non può essere che quella di togliere al teatro e dare alla TV. Come dire, togliamo ai poveri e diamo ai ricchi.
In puro stile berlusconisca, Baricco pensa che il teatro non serve a nulla, meglio quei soldi darli alla TV pubblica che li userà sapientemente per ammannire tette e culi a volontà tra veline e pacchi, la prosa, la lirica, la rivista vadano pure in pensione.
Meglio Bonolis che la Mandragora, dunque, meglio la Hunzicker di Mirandolina, meglio Greggio e Iachetti di Garinei e Giovannini.
L’intelligenza dell’Italietta filo fascistoide non riesce a produrre nulla di meglio, evidentemente.
A parte la profezia apocalittica di Baricco, secondo cui, con la crisi economica prenderà fuoco tutto più facilmente. Speriamo anche i suoi libri.
(screenshot da repubblica.it)